Facendo seguito alla recente circolare 9E/2019, l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato ieri ben quattordici risposte a interpelli dei contribuenti in materia di regime forfettario ex L.190/2014. Una di queste, la numero 124, certifica l'intervenuta tacita abolizione della riserva di legge in materia fiscale, prevista dall'articolo 23 della nostra Costituzione, con conseguente passaggio di poteri dal Parlamento all'Agenzia delle Entrate.
Tutto nasce dalla celeberrima recente novella che è intervenuta sulle cause di esclusione dal c.d. regime forfettario, ricorrendo alla felicissima formulazione riportata al punto d) della norma. Il testo (di legge) oggi vigente prevede, tra le altre cause, l'esclusione per "gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che [...] controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni".
La ratio legis della suddetta causa di esclusione è quella di impedire che, attraverso la frammentazione della medesima attività, possano conseguirsi ricavi da lavoro autonomo e redditi da partecipazione complessivamente superiori al limite quantitativo di 65.000 euro fissato per l'accesso al regime agevolato.
Il tenore della norma ha immediatamente destato più di qualche perplessità fra gli addetti ai lavori, sia per la vaghezza del richiamato concetto di "controllo diretto e indiretto", sia per l'apparente tassatività del riferimento alle società a responsabilità limitata. Nel quadro di una norma mal scritta, oltre che inutilmente penalizzante nei confronti di necessarie e auspicabili aggregazioni fra operatori economici, ho recentemente sostenuto dalle pagine di questo sito Web come il ricorso a una cooperativa di produzione e lavoro, che ritenevo cosa diversa da una società a responsabilità limitata, potesse consentire una sana acquisizione e gestione condivisa di commesse lavorative, assegnate a soci-lavoratori autonomi anche aderenti al regime forfettario in parola. Infatti, stanti la finalità mutualistica della società cooperativa e i relativi stringenti divieti alla distribuzione dell'utile, soprattutto nelle cooperative a mutualità prevalente, ho ritenuto e continuo a ritenere insussistente il rischio di frammentazione di cui sopra in capo al socio-lavoratore autonomo. Inoltre, ero portato a ritenere che la società cooperativa e la SRL costituissero differenti tipi societari e che in virtù di un principio di rango costituzionale, solo il Parlamento potesse "legiferare" in materia fiscale. Da ieri confesso di avere molte meno certezze.
Vengo al punto. Con la risposta 124 del 23 aprile 2019, l'Agenzia delle Entrate sostiene che in caso di partecipazione in società cooperativa "troveranno applicazione le disposizioni riguardanti la causa ostativa prevista in relazione alla detenzione di partecipazioni in società a responsabilità limitata". Si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.D.C. (Decreto del Direttore Centrale, per chi come me ne ignorava l'esistenza). A completare il quadro l'ulteriore precisazione in virtù della quale "in presenza di cessioni di beni o prestazioni di servizi a qualsiasi titolo operate dall’istante nei confronti della società cooperativa di cui possiede quote partecipative, occorrerà effettuare un’analisi fattuale non esperibile in questa sede volta a verificare la reale natura dell’esercizio dell’attività d’impresa in forma cooperativa, il controllo anche di fatto della stessa e la riconducibilità delle effettive attività svolte dalla stessa e dall’istante ai codici ATECO formalmente dichiarati, per verificare in concreto la sussistenza o meno dei due requisiti sopra menzionati previsti dall’articolo 1, comma 57, lettera d), della legge n. 190 del 2014."
Se tra i lettori di questo articolo ci sono meccanici in regime forfettario che possiedono una manciata di azioni FCA, consiglio di venderle subito o di cambiare mestiere perché non si sa mai...
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